Di solito le poche persone che conoscono la figura professionale del biologo ambientale/naturalista hanno una certa immagine che si forma nella loro mente: un muscoloso e aitante canadese biondo e capellone in camicia a scacchi armato di binocolo e bicipiti che salpa su mari tempestosi per trovare il cucciolo ferito di balena da salvare, oppure qualche foca monaca a cui battere il cinque mentre ci si fa un selfie da postare su Instagram.
Il che è anche vero, ma in generale i ricercatori ambientali sono un po’ più come me. Che ce l’ho pure una camicia a scacchi, ma non ho bicipiti e prendo la metro B. Ah, e non ho mai salvato cuccioli di balena, non ancora almeno.
Fatta questa presentazione per rompere il ghiaccio come fanno i narvali (si, ci saranno riferimenti ad animali durante il testo, se siete curiosi gugolateli), vi racconto quella del serpente in metro.
Si, avete capito bene.
Per farla breve, durante la mia tesi magistrale in Biologia stavo cercando di dimostrare se una certa specie di lucertola riuscisse a riconoscere l’odore di un serpente predatore (che se le magna) e potesse modificare il suo comportamento in modo tale da ridurre il rischio di predazione. Che detta così fa sbadigliare anche me, ma non c’è un altro modo per sintetizzare mesi di esperimenti con bestie di varia natura. Comunque di base sono stato per circa un anno della mia vita chiuso in uno sgabuzzino (illegale) all’università a fare esperimenti (illegali perché senza permesso) con lucertole prese in natura (illegalmente, perché se aspettavo il permesso della regione mi sarei laureato con i capelli bianchi [che per fortuna arrivano tardi nella mia famiglia]) e con un serpente che tenevo in terrario, nutrendo e curando tutti al meglio ovviamente. Questa però è la storia di come quel serpente ci è arrivato in quello sgabuzzino dell’università…
Driiiiiin
“Pronto?”
“Si salve prof sono sempre io! Scusi il disturbo eh, però aveva detto che questa settimana mi avrebbe aiutato a trovare e catturare il serpente…se non comincio gli esperimenti non farò in tempo a laurearm…”
“Mah si tranquillo ci vado sabato mattina te lo trovo io non preoccuparti!”
“Ok! Allora ci conto eh, grazie prof!”
………….
…………..
…………..
Due settimane dopo mi feci coraggio e una mattina presi la macchina in direzione del parco Nomentum, a nord di Roma vicino Fonte nuova (bellissimo parco tra le altre cose, andate a visitarlo). Missione: trovare un biacco, catturarlo e portarlo all’università. Da solo.
Esperienza nella cattura dei serpenti? Parecchi documentari visti su Focus.
Sacco di tela? C’è.
Scarponi? Ci sono.
Minima idea di come fare a catturarlo? Nessuna.
E andiamo.

Ora, non voglio fare un trattato sui metodi di cattura dei serpenti, ma vi basti pensare che ci vuole tanta pazienza, e tanta fortuna. Arrivo in un sito promettente quando il sole è già alto nel cielo, quindi vuol dire che i serpenti sono già molto svegli e veloci a muoversi (sono animali a sangue freddo e hanno bisogno di scaldarsi al sole per raggiungere la piena attività., ma questo lo scrivo solo per quel bambino del 2001 che sarà finito per caso su questo sito mentre cercava video di SferaEBBASTA). Per circa quattro ore cammino avanti e indietro lungo un filare di arbusti e rovi senza vedere o sentire niente.
Tutto il mio futuro percorso di studi dipende dal trovare questa maledetta bestia e io non ho idea di come fare. Mentre mi dispero continuo a camminare e passo davanti a un grosso cespuglio di rovi al cui centro spunta un tronco d’albero tagliato. Sopra c’è un serpente acciambellato. Un biacco, il serpente che cerco io. Nel momento esatto in cui realizzo che non è un allucinazione dovuta alla disidratazione che incombe, quello è già sparito, buttandosi in un nanosecondo nelle fratte. L’ho visto però. E’ lui. Devo prenderlo.
TROVA UN MODO! TROVA UN MODO!
Senza esitazione comincio a scalciare tutto intorno al cespuglio, provocandomi graffi di ogni tipo per le spine del rovo, ma il dolore neanche lo sento per l’eccitazione. Mentre continuo questo mio ridicolo balletto vedo con la coda dell’occhio il biacco che scatta fuori dirigendosi verso una macchia di bosco adiacente al cespuglio di rovo.
Parto all’inseguimento veloce come un casuario (rif. Gugolate) e dopo qualche metro in cui mi sembra di guadagnare terreno il serpente fa una virata e sparisce dietro un albero.
Andato.
Finita tutta una serie di imprecazioni Lovecraftiane non mi perdo d’animo e comincio a setacciare ogni angolo del boschetto deciso più che mai a stanarlo. Mi sembrava di sentirne l’odore tanto ero fuori di testa. Passa un’altra ora prima di notare qualcosa sotto un albero.
E’ lui ! No aspetta, sono due!! DUE SERPENTI! PROBABILMENTE MASCHIO E FEMMINA IN CORTEGGIAMENTO! Per me è come aver visto il santo graal e mi lancio come un matto sul groviglio di spire dei due animali.
In un attimo la femmina sparisce lanciandosi nella boscaglia, e io approfitto della leggera esitazione che ha invece il maschio (probabilmente una bestemmia in serpentese) e gli sono quasi addosso!
Ma de che.
Mi passa praticamente tra le gambe e ritorna di corsa nel cespuglio inziale dove l’avevo trovato. Okay. Ora sono davvero scoraggiato. Il piccolo confronto appena avuto mi fa capire che siamo su due livelli fisici completamente differenti. Non potrò mai catturarlo così. E’ più veloce di me. Senza prolungarmi troppo, vi dico che ho riuscii a stanarlo di nuovo dal rovo e a farlo tornare nel boschetto, e questo balletto avanti e indietro andò avanti per circa tre quattro volte prima che mi fermassi ansimante nel piccolo spazio aperto che divide i due ambienti. Non ce la faccio veramente più. Hai vinto. Hai vinto ca**o.
A quel punto non bene cosa sia accaduto. Ho provato tante volte a rispiegarmelo, studiando e ristudiando i comportamenti dei serpenti nelle situazioni ma non ho mai trovato un’ipotesi accurata. Fatto sta che il serpente esce dal rovo e viene verso di me rapidamente, circospetto. Sono stato immobile a disperarmi per buoni dieci minuti, possibile non si sia accorto che sono ancora qui? E’ a un metro da me. Mezzo metro. Mi sta praticamente accanto alla scarpa. Il tempo si ferma. Ora o mai più. Con decisione gli pesto la coda con lo scarpone bloccandone il movimento (tranquilli, è un metodo studiato, sul serio (anche se non sembra), sono animali robusti e non li danneggi pestandoli, li blocchi solamente)). Il biacco reagisce immediatamente cominciando a sibilare e a frustare con il corpo come un demonio. “Ecco perché lo chiamano anche Frustone! ” Euforico e disperato cerco di farmi venire un’idea su come afferrarlo mentre quello continua a frustare e mordermi lo scarpone e il pantalone come un matto. Mi guardo intorno e vedo un ramo a terra. Mi allungo come un gatto rachitico dato che posso muovere solo un piede e afferro il ramo, dopodiché cerco di bloccargli la testa col bastone improvvisato per poterlo afferrare. In qualche modo mi sembra di riuscirci e aggrappandomi a non so quale coraggio gli serro la mano intorno al collo. Troppo in basso. Ha abbastanza spazio per girare la testa e mordermi con forza la mano.
Impreco. Dolore. Ma non mollo, ormai l’ho preso, ma quello rimane attaccato con i dentelli alla mia mano. Istintivamente gli tiro la testa per staccarlo. Pessima idea. La forma ricurva dei suoi numerosi dentelli mi scava due bei graffi sul dorso della mano e comincio a sanguinare. Ma ormai sono talmente galvanizzato che Rambo cambierebbe strada incontrandomi. Riesco a bloccargli bene la testa. Ce l’ho quasi fatta! Mentre mi affanno a tirare fuori con l’altra mano il sacchetto di tela dal mio zaino sento delle voci provenire da dietro il rovo.
“VIè de qua che sicuro troviamo la cicoria Albè!” Oh no…
Coppia di anziani in cerca di cicoria+ragazzo sporco e sanguinante con un serpente da un metro e mezzo in mano= qualcosa di brutto.
Almeno secondo la mia mente che delirava in quel momento.
Senza pensarci mi butto nel boschetto adiacente volendo evitare il contatto con i signori e tutte le urla e polemiche che ne sarebbero uscite. Ora aspetto che se ne vanno e poi sistemo questa bestia. Penso ancora eccitatissimo per la cattura miracolosa. Vedo la moglie della coppia di anziani spuntare da dietro il rovo guardandosi intorno. Sembra valutare qualcosa poi si incammina verso il boschetto dove sono nascosto. Ovviamente.
Cerco una via d’uscita alternativa ma non ne trovo, la boscaglia e i rovi sono molto fitti e allora mi metto dietro a un albero nascondendomi come un ladro. Sento che armeggia con i suoi vestiti e capisco. Sta cercando un posto per urinare. Ma in che razza di film surreale sono finito?
In tutto questo il serpente che continuavo a tenere in mano non si dava pace e mi frustava con la coda sulla schiena e sui reni con una forza che non immaginereste possa avere un animale senza zampe. Rimango immobile mezzo immerso in una ginestra mentre la vecchia finisce il suo bisogno e si allontana. Salvo.
Dopo altri svariati morsi e imprecazioni riesco a mettere il biacco nel sacco di tela, il sacco nello zaino e di corsa torno al parcheggio della macchina.
CE L’HO FATTA! E tutt’ora non so come.
Torno a casa col biacco nel sacco euforico come non mai. La macchina serve a mia madre ora. Come lo porto all’università??
In metro ovviamente. Non dovrebbero esserci grandi problemi.
…. no non scherzavo.
Ma si è fatto tardi, riprenderò il racconto la prossima volta.
Ossequi.
AHAHAHAHAHAHAHAHA sono scoppiato a ridere in ufficio davanti a tutti incredibilmente divertente
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ora però vogliamo sapere come è andata a finire!
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Sembra di esserci. Bravo biologo, non farci aspettare troppo, non riesco nemmeno ad immaginare un viaggio nella metro B e con un serpente poi.
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Io adoro i biacchi. Uno vive sotto ai gradini in pietra di casa mia. Quando lo vedo in primavera sono felice. Ma come si fa …. A fare quello che hai fatto tu 😂😂😂
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necessità…
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ahahhahah un racconto davvero simpatico
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L’ha ribloggato su Thr0ugh The Mirr0r.
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io ho una folle fobia dei serpenti non avrei mai potuto!!!!
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