Alla domanda: «come mai hai deciso di fare il poliziotto», ho sempre risposto in modo evasivo. Non che me ne vergognassi, anzi. Il fatto è che non potevo neanche dire che quella scelta professionale fosse stata frutto di una profonda analisi delle mie attitudini. Che alla fine aveva prevalso in me il senso dello Stato e bla bla bla. Onestamente non è andata così.
Ed ora:
Capitolo IV: La Polizia Scientifica
La conversazione con i mie genitori fu lunga e faticosa. Come spesso accadeva in quel periodo mi trovavo a chiarire ad altri, avvenimenti che non riuscivo a spiegare neanche a me stesso. Grazie a Dio sull’ennesimo singhiozzo di mamma sentii il bip di avviso dell’ultimo gettone che cadendo rumorosamente nella cassettiera, interruppe finalmente la telefonata. Rimasi con la cornetta in mano ancora per qualche secondo poi, con una leggera sensazione di sollievo, la riappesi e mi diressi verso i miei nuovi compagni di viaggio.
Appena ebbero inizio le lezioni capii che le attività della scuola di polizia erano molto diverse da quelle dell’Esercito.
Quel posto, infatti, sembrava più un collegio che una caserma:
la mattina ginnastica/marcia, doccia, colazione, scuola;
il pomeriggio pranzo, riposo/studio, scuola;
la sera cena, libera uscita.
Questa routine non mi dispiaceva e per la prima volta mi sorpresi a pensare che tutto sommato “ritrovarmi” arruolato in Polizia non sembrava più così terribile.
Inoltre avevo quasi vent’anni ormai ed era venuto il momento di decidere cosa fare della mia vita così, su due piedi decisi che avrei “accettato la sfida”. Avrei frequentato il corso senza riserve, cercando addirittura di diventare un allievo modello. Cominciai quindi a studiare con notevole impegno conseguendo ottimi risultati in quasi tutte le materie. In particolare eccellevo negli studi scientifici tanto che il docente, un famoso medico legale, un giorno mi prese in disparte e mi chiese se fossi interessato alla carriera nella polizia scientifica. Magari, gli risposi sinceramente lusingato.
Ce la posso fare!
Certo non era tutto rose e fiori.
Il tiro con la pistola per esempio, era diventato il mio incubo. Ero (sono) mancino ma l’arma in dotazione, una beretta 92 che pesava più di un chilo, non poteva essere usata con la sinistra perché la fondina era collocata a destra e la sicura si poteva sbloccare solo con il pollice destro.
Ma io con la destra non riuscivo nemmeno a sollevarla quell’arma, figuriamoci mirare e centrare il bersaglio. Ma non c’era alternativa, così abituarmi a sparare con la mano destra diventò la mia nuova priorità. Con la complicità di un istruttore passavo al poligono di tiro ogni serata libera. Allenandomi con regolarità riuscii ad acquisire una certa velocità nell’estrazione dell’arma ma facevo ancora molta fatica a colpire il bersaglio anche perché, per non farmi mancare nulla, non riuscivo assolutamente a chiudere l’occhio giusto per prendere la mira.
Ero talmente confuso che anche quando marciavo non riuscivo più a distinguere immediatamente la destra dalla sinistra così, non di rado, mi trovavo girato dalla parte opposta a quella del resto del plotone.
Non ce la posso fare!
In un caldo pomeriggio di luglio, mentre in uno stato di leggero torpore affrontavo una verifica in dattiloscopia (lo studio delle impronte digitali) entrò in aula un Ufficiale che sussurrò qualcosa all’orecchio del docente. Questi si tolse velocemente il camice e scusandosi per l’inconveniente, si avviò verso l’uscita.
Dopo qualche minuto lo stesso ufficiale si affacciò sull’uscio e mi fece segno di seguirlo. Nel corridoio mi aspettava il dottore che sorridendo mi comunicò che ero stato autorizzato ad accompagnarlo in un sopralluogo.
Piuttosto emozionato lo seguii fino all’ingresso della caserma dove ci aspettava la squadra della Polizia scientifica al completo. Salii in macchina con il cuore in gola; non ci potevo credere, dopo tutti i casi che avevo analizzato esclusivamente tramite foto e fascicoli, finalmente potevo esaminare una scena del crimine dal vivo.
Durante il tragitto fantasticai sulla splendida opportunità che mi era stata concessa.
Già mi vedevo nei panni di un grande investigatore: “il nuovo Sherlock Holmes italiano”.
Ero certo che la scena del crimine fosse una di quelle splendide case sul mare, con giardino curato e stanze enormi e sfarzose. Immaginavo di affiancare il mio mentore mentre scandagliava ogni angolo della casa alla ricerca di indizi. Insieme avremmo rilevato le impronte di tutti i presenti, inclusa la servitù e infine, grazie a una mia brillante intuizione, avremmo risolto il caso. Et voilà.
Ero ancora immerso nei miei sogni ad occhi aperti quando le macchine accostarono davanti a un cancello che delimitava un enorme campo ricoperto di rifiuti. È la discarica della città, mi disse l’autista in risposta alla mia muta domanda.
Ero deluso.
Prima di scendere dall’auto, un “collega” mi porse una scatoletta di metallo con la scritta vicks[1]. La guardai perplesso e non sapendo che farmene la misi nella tasca. Questo fu l’inizio della fine.
Non appena aprii la portiera un fetore aspro mi colpì come un pugno allo stomaco.
Leggermente disorientato mi accodai al resto del gruppo in direzione di un fabbricato presidiato da Agenti in divisa. Avvertivo su di me gli occhi di tutta la squadra perciò cercavo di procedere ostentando una certa sicurezza nonostante sentissi già i succhi gastrici che mi salivano in gola.
Va bene che non siamo in CSI ma almeno una tuta, un paio di guanti e soprattutto una mascherina (magari con filtri profumati) me le potevano dare.
E invece niente. Evidentemente sono nato nell’epoca sbagliata.
Il dottore mi precedeva osservandomi di tanto in tanto con la coda dell’occhio.
Arrivati nei pressi dell’edificio una puzza di carogna mi assalì con tale violenza che mi si riempirono gli occhi di lacrime. Mi fermai barcollando, ero tutto sudato e la bocca mi si era riempita di saliva. Il bisogno di vomitare era ormai impellente, devo allontanarmi subito da qui, pensai. Ma proprio quando avevo deciso di tornare alla macchina, il medico legale mi fece segno di raggiungerlo.
Avrei dovuto avvisarlo che mi stavo sentendo male ma non potevo deluderlo, così con grande sforzo feci ancora qualche passo.
La prima cosa che intravidi fu il lembo di un materasso così lercio che mi provocò una morsa allo stomaco. L’odore nauseabondo in quel punto era quasi palpabile. Ma fu quando scorsi il corpo martoriato della vittima che non ressi più. Mi assalirono dei conati di vomito così violenti che non risparmiarono nessuno nel raggio di metri.
Appena l’ondata si placò, scappai sconvolto verso la macchina e lì rimasi per le restanti due ore prima che mi riaccompagnassero in caserma.
Durante il tragitto l’autista mi osservava attraverso lo specchietto retrovisore. Mi guardava e ridacchiava. Diceva di non preoccuparmi, che la mia era stata una reazione normale e che le prime volte succedeva quasi a tutti. E bla bla bla
Non avevo voglia di ascoltarlo e soprattutto, se davvero era tutto così normale perché rideva?
E fu così che – grazie a questa “normale reazione” – chiusi miseramente la mia breve carriera nella polizia scientifica.
Minkia, ho vomitato sulla mia prima scena del crimine… bestiale!
[1] Unguento a base di oli essenziali che spalmato sul labbro superiore in prossimità del naso avrebbe protetto dai cattivi odori.
Sei grande! Riuscivo anche a sentire il cattivo odore della discarica!! Bravissimo …alla prossima
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Grazie Francesca, l’hai letto praticamente per prima, anche prima di me.
Grazie dei complimenti, scrivere mi diverte e mi da la possibilità di rivivere un periodo splendido anche se pieno di… piccoli intoppi 🙂
E poi può essere utile a far capire a chi è più giovane di noi che anche le persone che loro adesso vedono “affermate” hanno fatto tanta fatica a distinguere le loro ambizioni dalle reali capacità.
Grazie ancora e… alla prossima
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Grazie Michele riesci sempre a farmi sorridere. Nel leggerti ho rivisto tutte le tue ‘faccette ‘. Alla prossima allora.
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Sei grande
Bravo
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Complimenti…bellissimo….
😀😀😀😀😀😀😀😀😀😀
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Grande Miky sei tutti noi
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Caro Micky, il tuo racconto mi ha tenuto compagnia in giorni un po’ complicati ed è stato veramente un raggio di sole. Mi sembra di vederti e sentirti addirittura raccontarlo, tanto ti assomiglia il modo in cui l’hai scritto. Sei straordinario come sempre, continua così!
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Finalmente un nuovo scoppiettante capitolo di questa fantastica saga!!!
Prontissima e in attesa delle prossime avventure e sempre più convinta che da questi racconti potrebbe nascere una serie TV in collaborazione con i Manetti Bros!😎
P.S. Appena ho letto del Vicks mi sono subito ricordata di una scena de IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI.. sbaglio io o nelle serie TV Crime recenti è raro che venga mostrato questo dettaglio?
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Grazie dei complimenti.
In effetti nelle serie TV sembra che nessuno faccia caso agli odori anche quando propongono scene raccapriccianti.
Avranno uno stomaco sicuramente più allenato del mio 🤔
Alla prossima
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Sei unico…per fortuna😂.
Molto bello questo racconto!
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L’ha ripubblicato su Thr0ugh The Mirr0re ha commentato:
Inoltre avevo quasi vent’anni ormai ed era venuto il momento di decidere cosa fare della mia vita così, su due piedi decisi che avrei “accettato la sfida”. Avrei frequentato il corso senza riserve, cercando addirittura di diventare un allievo modello. Cominciai quindi a studiare con notevole impegno conseguendo ottimi risultati in quasi tutte le materie. In particolare eccellevo negli studi scientifici tanto che il docente, un famoso medico legale, un giorno mi prese in disparte e mi chiese se fossi interessato alla carriera nella polizia scientifica. Magari, gli risposi sinceramente lusingato.
Ce la posso fare!
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