È sempre difficile recensire il libro di un autore che si conosce di persona. Ci si chiede spontaneamente: sarò obiettivo? Mi farò influenzare dalla persona o sarò rigoroso e asettico?
Be’ per Barataria, il primo libro di Filippo Accettella, la questione non si pone affatto: ci ha messo l’anima, facendone un bel racconto scritto da una bella persona.
Conosco Filippo grazie alla Librotèca, la libreria-caffè del nostro quartiere e sono sempre rimasto colpito dalla sua grande sensibilità, leggendo le pagine di Barataria dopo aver assistito alla presentazione del libro, ho riscontrato nella narrazione quella stessa sensibilità e sincerità che vedo nel suo autore.
Tutto comincia da un caffè al mattino. Un rituale semplice, forse dato per scontato, che apre una finestra sul passato, trasportandoci tra i ricordi di Filippo, che vediamo alle prese con una decisione difficile: cosa fare del Teatro delle Marionette della sua famiglia, quella eredità così fantasiosa, eppure così pesante. Esattamente come Barataria, l’isola fittizia che Don Chisciotte lascia in eredità al suo fido quanto riluttante scudiero, Sancho Pansa.
Quella del Teatro delle Marionette è una storia vera, iniziata nei giorni bui della seconda guerra mondiale, quando i suoi nonni iniziano a improvvisare delle scenette con materiali di fortuna per regalare con la fantasia un sorriso ai loro figli e agli altri bambini del quartiere, allontanandosi per un po’ da quella realtà fatta di bombe e follia umana. Grazie all’affetto di quei primi spettatori e dell’interesse della parrocchia in tempi meno cupi, il Teatro delle Marionette è cresciuto, collezionando nuovi personaggi, nuove storie e nuovi scenari, tutti diretti magistralmente dai Mastri Marionettisti grazie ai fili, la cui matassa, sembra intrecciarsi con la vita stessa di questa famiglia, di fatto scandendone la storia.
Filippo (anche ai lettori che non lo conoscono di persona, verrà spontaneo chiamarlo per nome) ci racconta l’avventura della sua famiglia e del Teatro Accettella cominciando dal suo (apparente) epilogo: il giorno in cui è costretto a chiudere il teatro, luogo in cui è cresciuto ed ha imparato a sognare.
Il percorso nella memoria degli Accettella non procede in maniera lineare: i ricordi si avvicendano in un intreccio che ricorda proprio i fili delle marionette, facendo incontrare e scontrare continuamente passato e presente, ben lungi dall’essere due realtà distinte e separate. La narrazione però non ne risulta frammentata o confusionaria: scorre con naturalezza, scandita da una voce narrante che ci accompagna con dolcezza in scenari di grande intimità ed importanti ricordi.
Leggere Barataria è stato come farsi cullare e nel frattempo assistere ad una vita intera, distillata nei suoi momenti chiave, ma è stato anche fare di nuovo amicizia con Filippo Accettella e credetemi, ne vale davvero la pena.