Qualche anno fa passeggiavo per il centro, era maggio e non faceva né caldo né freddo, una di quelle giornate in cui si può sperare di fare pace col mondo, ero in anticipo per vedermi con delle amiche, quando mi imbattei in un negozio di caramelle, ne aveva di ogni forma e colore che ti si poteva alzare la glicemia solo annusando in giro. Non sono mai stata un’amante dei dolci, ma erano talmente belle, talmente invitanti, che me ne riempii un sacchetto e tornai a passeggiare impiastricciandomi le dita di zucchero e colorante. Le amiche tardavano e io mi sedetti ad aspettarle ficcando la testa in un libro che diventò ben presto tutto appiccicaticcio.
Quando le amiche arrivarono quasi quasi ne fui dispiaciuta perché mi stavo godendo la lettura e le caramelle. Ma misi tutto in borsa e ripresi a passeggiare, stavolta in compagnia.
“… cosa le porto?
Ce l’ha un tè nero con poco zucchero?
Niente tè nero, mi spiace.
Una tisana al finocchio?
Non ho nemmeno quella.
Una frolla di pasticceria?
Neanche. Che ne dice di un sorso d’acqua?
Può aggiungerci del limone?
Non ce l’ho…
Questo tizio non ha in casa proprio un cazzo!, avrebbe esclamato Amedeo.”[1]
Qualche mese fa, sistemando lo scaffale di Fazi in libreria, ho rivisto il libro e subito mi è venuta una voglia matta di rileggerlo e soprattutto di caramelle gommose. Ma se la prima voglia era del tutto esaudibile, le caramelle hanno dovuto aspettare perché a quanto pare in periferia non le vende più nessuno.
Sono sicura che la contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna avrebbe trovato il modo di procurarsele, mandando Orlando, il maggiordomo, in giro per la città (la sua però, Torino), o avrebbe ingaggiato qualche teppistello di strada… o il ladro gentiluomo, tutto pur di ottenere ciò che vuole. Se non si è fermata di fronte a un finto sequestro di persona, non penso si sarebbe fatta tanti scrupoli per un peccato di gola, no?
Certo magari il diamante che il figlio dona all’attricetta del momento mettendo a rischio l’intero patrimonio di famiglia, anzi della dinastia, era un tantino più prezioso del sacchetto con le caramelle, ma vista la sua golosità per le deliziose frolle fresche di pasticceria che deve sostituire col gelato del discount per via della crisi, mi avrebbe sicuramente capito.
La contessa è un personaggio meraviglioso, diretta, ironica, sagace, e incredibilmente testarda, cattiva quanto basta, aristocratica per dovere. La adoro.
Non conoscevo l’autore[2] quindi non sapevo che aspettarmi, ma mi aveva molto incuriosito la trama[3], e così lo avevo preso e portato in giro leggendolo sulla metro e sugli autobus, e nelle attese delle amiche ritardatarie.
A parte aver ridotto la mia copia di Affari di famiglia a un insieme di unto e bisunto che Chef Rubio mi fai un baffo…: una risata dietro l’altra, ecco che cosa ne ricordo. E quando l’ho riletto ho gustato l’ironia della scrittura esattamente come la prima volta. Perché il testo scorre fluido, i personaggi sono meravigliosi, dal teppistello dal linguaggio serializzato al marito morto ma che continua a risuonare nella testa della contessa. E fa ridere perché non esagera, non macchiettizza, prende delle persone che potrebbero essere il vicino di casa o il panettiere e li mette in un contesto fuori dall’ordinario e così facendo si rendono da soli delle caricature di loro stessi. E quindi ci si riconosce.
Attenzione però, se vi riconoscete nel figlio Emanuele, detto il cretino, allora qualcosa non va!
“sembra che il buon dio, quando si è trattato di fornirlo di un cervello, abbia esclamato qualcosa come sono stanco, passando alla creazione di elementi più complessi come le spugne di mare”. [4]
Mi riprometto sempre di leggere anche l’altro suo romanzo “Una posizione scomoda” dalla trama ancora più seducente[5] (è il caso di dirlo…), ma per ora non ho ancora avuto l’occasione, ma visto che nella vita c’è sempre tanto bisogno di ridere, l’ho messo in cima alla lista dei libri per questa primavera…
…prima però devo assolutamente ritrovare un rivenditore di caramelle gommose….
[1] Dal romanzo.
[2] Francesco Muzzopappa, https://fazieditore.it/autore/francesco-muzzopappa/ .
[3] Algida, sarcastica e decisamente snob, la contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, discendente diretta dell’ultimo grande casato torinese, potrebbe trascorrere le sue giornate sorseggiando coppe di champagne millesimato. Si ritrova invece a mangiare gocciole e pessimo gelato da discount per colpa di una crisi economica che ha colpito persino la sua famiglia, costringendola a vendere proprietà, pignorare mobili e decimare il personale. A servizio, ormai, è rimasto solo Orlando, maggiordomo con la forte passione per le poesie di William Blake, devoto e sempre presente. Nel momento in cui un’intera generazione di trentenni cerca di rottamare la gerontocrazia al potere, Emanuele, il figlio della contessa, tanto bello quanto cretino, concorre a prosciugare il misero conto in banca di famiglia portando il casato al collasso. Prossima ormai alla bancarotta, Maria Vittoria decide di salvare il suo patrimonio e la sua villa. Per riuscirci è disposta a tutto, persino a organizzare un sequestro di persona. Il suo.
[4] Dal romanzo.
[5] Fabio è un ragazzo diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Agli occhi di registi del calibro di Amelio e Sorrentino, Fabio è una promessa del cinema italiano. Peccato che, dopo essere partito con il sogno di scrivere film d’autore, oggi lo ritroviamo a fare lo sceneggiatore di film porno. Deprimente, vero? Ma è l’unico modo per sbarcare il lunario. Così, invece di veder realizzato Il cielo di piombo, copione che da anni ingiallisce in un cassetto della sua scrivania, a Fabio tocca sfornare a un ritmo da infarto sceneggiature come la parodia di 20.000 leghe sotto i mari (per ottenere il nuovo titolo, sostituire la elle di “leghe” con una esse). Ma il giorno in cui gli annunciano che uno dei film da lui firmati, L’importanza di chiamarsi Ernesto (sostituire la emme di “chiamarsi” con una vu), è in lizza al Festival del Porno di Cannes, a Fabio viene un’idea che cambierà il corso della sua vita…