“Stay woke”

La struttura della serie – che già mi aveva accennato la mia amica – mi ha conquistata, perché pur avendo una protagonista, Sam, ad ogni puntata si concentra su un personaggio specifico, facendoci capire che ogni persona ha la sua storia e pur riconoscendosi in un certo gruppo sociale o etnico non è detto che ne segua ogni tradizione. Non ci sono stereotipi, ma persone. Che di volta in volta ami e non ami, apprezzi o no, capisci o trovi incoerenti. Esattamente come nella vita.

Through The Mirror

La testa all’ombra, tutto il resto del corpo al sole, ben protetto dalla crema solare 30, il fruscio dell’acqua, la pelle che si asciuga e subito tornare a tuffarsi fra le onde.

Questa è la mia idea di mattina d’estate perfetta.

Poi però capita di ammalarsi anche d’estate, e allora non si può uscire, né tanto meno farsi una traversata per arrivare al mare, bisogna starsene sdraiati a letto con 38 gradi dentro e fuori a chiedersi cosa diavolo hai fatto di male nella vita precedente, perché in questa – a parte odiare gli insetti – sei una persona piuttosto per bene!

Per fortuna siamo nell’era di internet, perciò se da una parte odi tutti perché continuano a pubblicare foto delle vacanze, mentre tu sei costretta a prepararti una zuppa*, dall’altra c’è Netflix pronto a consolarti.

Immagine correlataVorrei dirvi di avere iniziato questa serie spinta dalle giuste motivazioni politico-sociali, ma in…

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“Lunch with Felicity”

“Felicity” gave the impression that college was a wonderful place for meetings and network.
After three years with the same people, and two others ahead, it looked like heaven! Not that I was not happy with my class, at least with part of it, but the image of American colleges is always idyllic and makes me want to go not so much to join classes (almost always unjustified absent) but for the dormitories, the refectory, the everyday jobs, the study groups (which did everything except studying).

Through The Mirror

<<I trust you, Felicity. This is my drama: for better or for worse, I always believe in you.>>


When I used to come back from high school starving, I often had to wait for my brother to  return, hence to avoid eating the plate and the tablecloth, I used t turn on the TV hoping there was something decent that could distracted me. Of course, lunchtime was my mother’s turn to choose what to watch, but from time to time she let us select the series provided it was something she liked too. That’s how I started watching “Felicity”.
It was the end of May, the school luckily was almost at the end but that meant classroom work in a burst, so the idea to get out of that nightmare and start the university where – naively I thought – I could handle all my time, was a real relief.

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“A pranzo con Felicity”

l’immagine dei college americani è sempre idilliaca e fa venire voglia di andarci non tanto per frequentare le lezioni (quasi sempre assenti ingiustificate) ma per i dormitori, la mensa, i lavoretti, i gruppi di studio (che tutto fanno fuorché studiare).
Oggi di serie tv di questo genere siamo pieni, ma a “quell’epoca” era una novità, perciò ne rimasi affascinata.

Through The Mirror

<<Io ti credo, Felicity. È questo il mio dramma: nel bene o nel male, credere sempre in te.>>

Quando tornavo dal liceo con una fame da lupi, mi capitava spesso di dover aspettare il rientro di mio fratello, e per evitare di mangiarmi il piatto e la tovaglia, accendevo la tv sperando ci fosse qualcosa di decente che mi distraesse.
Ovviamente l’ora di pranzo era il turno di mia madre di decidere cosa guardare, ma di tanto in tanto ci lasciava scegliere, purché potesse piacerle.
È così che ho cominciato a guardare “Felicity”.
Era la fine di Maggio, la scuola fortunatamente era agli sgoccioli, ma questo voleva dire compiti in classe e interrogazioni a gogo, perciò l’idea di uscire da quell’incubo e cominciare l’università dove – ingenuamente pensavo – mi sarei potuta gestire io tutto il mio tempo, era un vero sollievo.

Felicity[1]” poi, dava l’idea…

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“Lunch with Felicity”

<<I trust you, Felicity. This is my drama: for better or for worse, I always believe in you.>>   When I used to come back from high school starving, I often had to wait for my brother to  return, hence to avoid eating the plate and the tablecloth, I used t turn on the TV … Continua a leggere “Lunch with Felicity”

“A pranzo con Felicity”

  <<Io ti credo, Felicity. È questo il mio dramma: nel bene o nel male, credere sempre in te.>>   Quando tornavo dal liceo con una fame da lupi, mi capitava spesso di dover aspettare il rientro di mio fratello, e per evitare di mangiarmi il piatto e la tovaglia, accendevo la tv sperando ci … Continua a leggere “A pranzo con Felicity”