“Vedi Napoli e muori”

Devo ammettere che in questo periodo nel quali i viaggi all’estero sarebbe bene evitarli, mi viene voglia di tornare non solo a trovare la mia adorata famiglia che continua ad allargarsi come è tradizione al sud (infatti a Natale non c’entriamo più in una sola casa), ma di andare a prendere un caffè al Gambrinus e scattare selfie in Piazza del Plebiscito, di vedere finalmente il Cristo Velato, oppure stendermi a leggere sulla sabbia a Miseno, prendere una sfogliatella nei Quartieri Spagnoli, mettermi anche io a cantare, senza vergogna, senza paure.

Through The Mirror

L’odore di fritto.

Se mi doveste chiedere con cosa identifico Napoli, prima del mare, del caldo, del pesce, della pizza, dei vicoli, della poesia, della musica, delle persone che urlano di finestra in finestra. Io direi l’odore del fritto.

Napoli è la mia seconda patria, avendo quasi tutta la famiglia stanziata nei suoi paesini, eppure ancora riesce a sorprendermi.

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Quando ero piccola ogni ricordo associato al capoluogo partenopeo era legato al cibo, perché ci andavo sempre per feste comandate: Natale (baccalà fritto!), Pasqua (la pastiera!). O per i compleanni, i matrimoni, battesimi e altre rotture simili. E c’era sempre una quantità di cibo da sfamare l’esercito e le loro famiglie!

5Si comincia a cucinare all’alba, e se camminate al mattino presto anche per il centro, sentirete odore di ragù, di carne, di cuoppo[1], che è una delle 7 meraviglie culinarie nel Mondo, patrimonio del Gusto!

Mia…

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Zazio! – Capitolo 1: Da Berlino con… torpore?

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“Il fascino dell’eterno ritorno”

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